Lo abbiamo visto con macroscopica evidenza negli studi televisivi delle maggiori reti pubbliche e private: chi realmente ha contribuito a far vincere i referendum è rimasto a far da comparsa nelle piazze dei festeggiamenti mentre a salire in cattedra sono stati i partiti politici. Chi a cercare di minimizzare la sconfitta, chi a esaltare una vittoria: si è parlato di elettorato “in fuga” da certi schieramenti politici che ha premiato il raggiungimento del quorum come se l’elettorato fosse monopolio di questo o quel partito politico.
In realtà, forse mai come con questo voto, l’elettorato ha espresso il massimo di disaffezione dagli apparati politici con il massimo di responsabilità: la partecipazione al posto dell’astensione.
Sì, perché questi referendum non sono stati voluti dai partiti e soprattutto non è stata gestita da loro la diffusione delle informazioni. Non è forse un caso se le televisioni hanno “cavalcato” la tradizionale passerella delle analisi del dopo voto con i leader politici: non è all’interno di quei canali di informazione che principalmente si è svolta la battaglia per l’affermazione dei referendum.
I Comitati del SI – perché dai comitati e dalle associazioni è venuto il principale impulso all’informazione sulle ragioni di quel voto – hanno lavorato soprattutto sul territorio, con gli strumenti nuovi che oggi, in modo autonomo dagli apparati politici, il territorio fornisce: il “porta a porta” ed i banchetti, ma anche Facebook, i blog e la posta elettronica.
Oltre all’importanza di aver affermato la necessità di risolvere, in modo alternativo agli apparati del potere politico, problemi fondamentali come l’approvvigionamento idrico, l’energia e la giustizia, la vittoria dei referendum ha anche premiato una gestione non convenzionale ed asservita della pubblica informazione.
Di questa consapevolezza deve farsi forte il vero vincitore – l’elettorato non condizionato dalle propagande ma reso consapevole dalla ragionevolezza delle informazioni – per superare definitivamente questa stagione politica in cui gli interessi di pochi hanno condizionato i diritti di molti.