“Posso vivere “?: lettera aperta di un disabile alle istituzioni e alla coscienza civica

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera aperta che ci arriva dal Comitato Lombardo Vita Indipendente:
Al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali
Pari Opportunità
Gent.ma Dott.ssa Elsa Fornero

Al Sottosegretario delle Politiche Sociali
Gent.ma Dott.ssa Maria Cecilia Guerra

Al Presidente della Regione Lombardia
Egregio Dott. Roberto Formigoni

Al Consigliere della Regione Lombardia
Presidente della Commissione Sanità e Assistenza
Gent.ma Dott.ssa Margherita Peroni

e per conoscenza
Servizio Pubblico Santoro
Report Gabanelli
l’Unità
il Messaggero
il Manifesto
Repubblica

5 aprile 2012

Mi chiamo Giuseppe Ancora, sono affetto da tetraparesi spastica con distonia, vivo con la mia famiglia, cioè la mia compagna convivente e mia figlia di sei anni. A nostro carico (anzi a mio carico) ho una badante che mi aiuta a gestire le mie necessità primarie. Infatti le mie condizioni fisiche comportano uno svantaggio tale che non mi è consentito di svolgere autonomamente nessuna delle funzioni essenziali della vita.
Fortunatamente la legge 162/98, nata con l’obiettivo di garantire il diritto ad una vita indipendente alle persone con disabilità permanente e grave, così come previsto dalla Costituzione italiana (art. 2 e 3) e dalla Convenzione Onu delle persone con disabilità (art.3 e 19), mi ha consentito finora di far svolgere a persone di mia fiducia tutte le prestazioni necessarie a vivere con dignità, dietro presentazione di un cosiddetto progetto individuale in cui dovevo rendere conto di tutte le spese previste per tali finalità nell’anno successivo alla presentazione del progetto.
Quest’anno, tuttavia, al momento di presentare il mio progetto individuale al piano di zona di cui fa parte il comune di Casatenovo (in provincia di Lecco) in cui sono residente, mi è stato comunicato che nel 2012 tali progetti non saranno più finanziati (allego la risposta ricevuta dal comune). Nonostante già negli anni passati mi fossi trovato a ricevere somme del tutto insufficienti per portare avanti il mio progetto individuale, ho deciso ugualmente di presentare domanda anche per il 2012, perché altrimenti, rinunciandovi, avrei, di fatto, condannato a morte me stesso. Non essendo propenso all’eutanasia ho pensato allora che, se proprio qualcuno doveva condannarmi a morte, doveva essere chi mi negava i finanziamenti.
Certo qualcuno potrebbe sostenere che per gente come me ci sono degli appositi centri di accoglienza. Ho già vissuto in passato in questi istituti, e non ho nessuna intenzione di tornare a rivivere una simile esperienza, perché stare in quei luoghi significa essere sotto qualcuno, chiedere permesso per uscire, aspettare il proprio turno per andare in bagno e, soprattutto, non avere la libertà di decidere della propria Vita, perché c’è sempre qualcuno che sceglie al tuo posto. Quello che è peggio è che in simili condizioni non si può neppure maturare a livello umano, e se sono stato in grado di costruirmi responsabilmente una famiglia è perché ho avuto modo di crearmi un lungo percorso di crescita al di fuori di questi istituti. Piuttosto che tornare a fare questa vita o essere un domani di peso per mia figlia preferisco buttarmi in un burrone con la mia carrozzina, e farla finita.
Al di là di tutti i ragionamenti riguardanti la dignità umana vi ricordo, tra l’altro, che secondo alcuni studi il ricovero di un disabile costa circa 285 euro al giorno. Il mio progetto di vita indipendente di euro al giorno ne costa circa 65. A rifinanziare questa legge è dunque lo stato che guadagna.
Per questi motivi vi chiedo di ripristinare i finanziamenti alla legge 162/98.

Cordiali saluti

Giuseppe Ancora

Via Roma, 28
23880 Casatenovo (LC)