Notti di cinema e magia: tra Méliès e Scorsese alla volta della luna

Se oggigiorno niente più sembra stupirci, la serata che si è svolta venerdì presso l’Osservatorio Astronomico del Campo dei Fiori nel contesto di Varese Cinema 2012, ci ha dimostrato che il fascino dell’ignoto non smette ancor oggi di lasciarci a bocca aperta. Tra finzione e realtà, accompagnato per mano dalle suggestioni dell’immortale cinema di Méliès, il pubblico di venerdì ha osservato il cielo, scoprendovi quella magia che nemmeno il più avanzato e rigoroso scientismo sarà mai in grado di sopire. Dopo la suggestiva proiezione di alcuni dei più famosi film del padre del cinema di fantascienza, i ragazzi dell’Osservatorio hanno accompagnato gli incuriositi visitatori in un percorso all’interno della Cittadella, culminato in un’esperienza diretta di osservazione del cielo da parte di un pubblico che non credeva ai suoi occhi. Lo spirito dell’evento si è spento soltanto dopo domenica sera, occasione in cui ai Giardini Estensi, nell’ambito di Esterno notte, ha avuto luogo non a caso la proiezione di Hugo Cabret, ultimo film di Scorsese che esplicitamente vuol essere non soltanto un omaggio al personaggio di Méliès, ma innanzitutto un delicato inno alla forza della fantasia e alla potenza del sogno.

 

Georges Méliès, considerato quasi un “secondo padre” del cinema dopo i fratelli Lumière, è stato indubbiamente il primo ad usare il cinema per creare veri e propri mondi virtuali, mondi in cui l’impossibile diventa realtà, in un’atmosfera magica che riflette l’influenza del suo passato da illusionista. Se ancora incerta è l’attribuzione a Méliès della scoperta del montaggio, di certo perlomeno unico è l’uso che il regista fa di questa tecnica, sfruttata per la creazione di vere e proprie metamorfosi, che con macchinari di ogni genere, effetti pirotecnici e maschere contribuiscono a rendere i suoi film dei veri e propri spettacoli di magia. Ed in effetti agli inizi del ‘900 siamo in un periodo storico in cui la fantascienza come tale ancora non è nata e per il pubblico il confine stesso tra scienza e magia ancora non esiste: i pianeti sono antropomorfi, la luna sorride, e in Voyage à travers l’impossible è il sole ad avanzare verso il convoglio che tenta di raggiungerlo. Ecco perché, nonostante la disgrazia in cui il cinema di Méliès cadde nel corso della guerra, questo tornò presto in vita, rispolverato soprattutto dall’interesse del mondo surrealista.

Ma anche oggi, che il primo viaggio sulla luna è stato compiuto e molti altri ne hanno fatto seguito, anche oggi che la scienza sembra aver trovato una risposta ad ogni domanda irrisolta, in fondo il fantastico Voyage dans la lune, con tanto di scontro tra terrestri e seleniti,  non smette di catturarci e di risvegliare in noi l’ancestrale fascinazione suscitata da ciò che è lontano, sconosciuto, mai visto con i propri occhi. Scopriamo oggi che, nonostante tutto, lo stupore che da Galileo in poi irretì l’occhio umano alle prese con il primo telescopio, non smette di sorgere in noi quando, come venerdì sera, anche il nostro occhio si trova a contemplare il cielo e i suoi misteri, a guardare stelle che distano da noi migliaia di anni, e che non possono che condurre la nostra immaginazione a vagare in queste abissali distanze, risvegliando in noi quel sentimento così travolgente che è il sublime.  

E come tutta la grande arte è stata capace di fare, anche il cinema ha dato una sua risposta a quest’esigenza dell’animo umano, e quello di Méliès in particolar modo perché il suo cinema aveva scelto di non essere tanto narrazione, quanto innanzitutto spettacolo, con la stessa spettacolarità di grandi romanzi come quelli di Jules Verne, capaci di far parlare il sogno di ciascuno di noi. Del resto, come distingueva Godard, se il cinema dei Lumière aveva scoperto «lo straordinario nell’ordinario», con Méliès il cinema scopre «l’ordinario nello straordinario».

É forse proprio questo condiviso e connaturato bisogno di straordinario che ci fa oggi apprezzare particolarmente un film come quello di Scorsese, un film magico e garbato, che ci chiede di credere ancora nei sogni e nella loro forza. Hugo Cabret mette in campo un vero e proprio gioco di fascinazioni, un gioco tra realtà e finzione che sceglie di rivolgersi proprio ad un personaggio come Méliès per far parlare attraverso di lui il mistero, che è qui innanzitutto il mistero del cinema e della sua storia. Una grande e poetica riflessione sul cinema e sul suo fascino immortale, che domenica sera anche a Varese ha offerto al pubblico la possibilità di vivere una magica avventura nella nostra storia, ma forse prima di tutto nella nostra anima e nei suoi segreti. Se è vero ciò che affermava Jean Renoir, che «l’arte del cinema consiste nell’approcciarsi alla verità degli uomini, non di raccontare delle storie sempre più sorprendenti», allora possiamo dire che Scorsese, e prima di lui Méliès ci raccontano sì delle storie incredibilmente sorprendenti, ma sorprendenti soltanto perché sorprendente è la natura umana.

Monica Cristini