“Mille anni ancora” il nome della band che ieri sera ha portato a Varese, accolta da un pubblico entusiasta, il ricordo di Fabrizio De André, la sua musica, la sua poesia. E mille anni ancora si spera che questo ricordo possa sopravvivere, anche grazie a chi cerca di tenerlo in vita. Non una scaletta qualunque, non un concerto qualunque, ma la riproposizione del celebre concerto del 1998 al Teatro Brancaccio di Roma, rimasto nella memoria del suo pubblico non soltanto perché fu l’ultimo concerto del grande cantautore genovese, ma anche, e forse ancor di più, per la possibilità che offre di ripercorrere i momenti più significativi della sua opera, mostrando in tutta la sua varietà e complessità un percorso artistico che fu innanzitutto un percorso di vita.
Come dichiara Ellade Bandini, batterista del gruppo che ebbe il privilegio di suonare con De André e che è ora tra i promotori di questo ormai navigato progetto, «questo è un concerto difficile, non soltanto per i musicisti da suonare, ma anche per il pubblico da ascoltare», e del resto, ci dice, lo stesso De André ne era convinto. E questo sia perché il concerto si apre con tre canzoni dell’album Crêuza de mä, scritte in genovese e quindi inaccessibili ai più, sia perché procede poi in un percorso che attraversa il delicato tema della solitudine in tutte le sue forme con Anime Salve, che si rivolge quindi ai misteri della fede con le più significative canzoni de La buona novella, per giungere solo in conclusione ad alleggerire i toni con i più noti successi del cantautore.
Si tratta di un progetto impreziosito dalla partecipazione di tre musicisti e amici di Faber, che lo accompagnarono durante la sua ultima tournée, interrotta tragicamente a Saint Vincent nell’agosto del 1998. La formazione del gruppo vede infatti la partecipazione, oltre al già citato Ellade Bandini, batterista che insieme a quella con il cantautore genovese vanta numerosissime collaborazioni con alcuni tra i nomi più noti della musica italiana, anche Giorgio Cordini alle chitarre e ai mandolini, che ha passato quasi dieci anni della sua carriera accanto a Fabrizio, e Mario Arcari ai fiati, musicista polistrumentista che ricrea l’atmosfera magica dei concerti di De André. Con loro, che hanno saputo anche ricordare il cantautore con una serie di aneddoti oscuri al grande pubblico, suonano una serie di giovani musicisti di gran talento e canta Alessandro Adami, che dal 2005 fa parte della band Mille anni ancora e del quale stupisce la somiglianza con la voce, comunque ineguagliabile per profondità, di De André.
Un connubio dunque tra chi ha suonato, interpretato e vissuto con Fabrizio De André la sua musica, e chi invece, più giovane, si accosta con una nuova freschezza a testi e note immortali. È proprio la forza di questo connubio che consente alla musica di De André di parlare ancora oggi, e anche dal vivo, sia ad un pubblico che con queste canzoni è cresciuto, sia ad un pubblico che vi si avvicina ora per la prima volta. Del resto, come ci confessa ancora Bandini al termine dell’esibizione, queste canzoni risultano anche per noi oggi «di un’attualità sconcertante, soprattutto in un momento in cui nessuno osa dire qualcosa, osa schierarsi, osa rischiare di perdere il proprio posto in televisione, osa avere il coraggio di essere originale, mentre i problemi dell’Italia sono sempre più gravi, più gravi anche di quelli degli anni ‘60». Ascoltare e riascoltare De André vuol quindi essere anche un invito a fare di nuovo musica, tentando di dire qualcosa che meriti a sua volta di essere ascoltato e riascoltato.
Monica Cristini, Luca Scarafile