Il ciclo di incontri organizzato da Filmstudio’90, ANPI, ARCI, CoopUF, Coop. Biumo e Belforte dedicato alla celebrazione della Giornata della Memoria si è concluso ieri, venerdì 31 gennaio, con la duplice proiezione, di Rudolf Jacobs – L’uomo che nacque morendo, alla mattina per alcune classi del Liceo linguistico di Varese e in serata per tutto il pubblico varesino. Presenti in entrambi i casi il regista, Luigi M. Faccini, e la moglie, Marina Piperno, impegnata nel film come produttrice ma anche direttamente come attrice, che hanno presentato la loro ultima fatica e raccolto le reazioni del pubblico.
Presentato a Venezia nel 2011 come evento speciale nella sezione Controcampo Italiano, questo docufilm non è di certo il solito documentario sulla Resistenza, né la tradizionale opera biografica che sceglie di privilegiare la retorica dell’eroismo. È piuttosto il tentativo di tenere uniti linguaggio strettamente documentaristico e fiction vera e propria. Certo, in primo piano c’è la vita di Rudolf Jacobs, capitano della Kriegsmarine tedesca, all’epoca della guerra residente a Lerici e incaricato dal maresciallo Rommel di seguire il rafforzamento delle coste liguri, un uomo che è stato in grado di dire “no”, che ha deciso ad un certo punto della sua vita di cambiare campo, di passare dalla parte della Resistenza italiana. Un uomo che per questo non ha creduto di tradire la propria patria, che piuttosto ha ritenuto di dover espiare in prima persona i crimini commessi dai suoi connazionali, e che per questo è morto, il 3 novembre 1944, per mano delle Brigate nere. Ma accanto alle vicende personali c’è il contesto, il contesto storico che il regista offre allo spettatore mediante la durezza dei dati oggettivi, la verità crudele delle testimonianze personali e l’evidenza altrettanto spietata delle fotografie dell’epoca. Ed è così che la vita di Jacob si mostra per quello che è, una lente attraverso la quale la storia diventa, innanzitutto, storia vissuta. Ed è così che i dati di quelle vittime, di quei massacri, si liberano della loro fredda oggettività matematica e si fanno più vicini a noi, ci rivelano come in realtà quella storia continui a riguardarci molto da vicino, facendo parte di ciò che siamo, costituendo ancora la nostra memoria collettiva.
Il film ci colpisce allora non tanto perché ci fa capire che cosa significa oggi, anche grazie a internet, fare ricerca storiografica nel cinema, né semplicemente perché racconta una storia che merita di essere conosciuta per la sua straordinarietà, ma perché, tenendo insieme questi due elementi, ci fa capire come un uomo si possa definire tale solo nel momento in cui sceglie di agire come tale, perché ci fa capire che il primo nemico contro cui si deve combattere, oggi forse più di ieri, è l’indifferenza nella quale spesso preferiamo nasconderci. Del resto, come ci ha ricordato Norberto Bobbio nelle sue riflessioni, «l’indifferenza è veramente la morte dell’uomo». Del resto, ha precisato il regista in sala, questo è prima di tutto un film sull’indifferenza. Di certo un’occasione per tornare a ricordare, per provare a riflettere su ciò che siamo oggi attraverso il nostro passato.
Luca Scarafile