A Varese, dal 13 al 16 Novembre si è tenuto il festival Glocal, quattro giorni ricchi di eventi e conferenze sul giornalismo locale e globale.
Giovedì 13 Novembre, alla camera di commercio, si è affrontata una conferenza sulla Prima Guerra mondiale, più specificatamente si è fatto un confronto tra la storia raccontata con i documenti dell’Archivio nazionale di Pieve Santo Stefano e i resoconti dei reportages dei giornalisti che hanno raccontato della Grande Guerra.
I giornalisti che sono intervenuti alla conferenza sono Pier Vittorio Buffa (del gruppo L’Espresso), Luigi Vicinanza (direttore Finegil), Nicola Maranesi (ricercatore Archivio Pieve Santo Stefano) .
I tre giornalisti, coordinati da Andrea Camurani (Varesenews), hanno spiegato che in onore dei 100 anni dallo scoppio della Prima guerra mondiale, è nato un progetto in collaborazione tra l’Archivio Diaristico Nazionale e il gruppo L’Espresso.
Hanno perciò creato un database che rende accessibili a tutti oltre 1000 testimonianze di soldati e civili che hanno combattuto e vissuto tra il 1914 e il 1918.
Questo Archivio digitale, che si può trovare alla pagina http://racconta.gelocal.it/la-grande-guerra/ è senza dubbio, uno strumento innovativo e utile, accessibile anche dalla homepage dell’Espresso e di 18 tra i più prestigiosi quotidiani locali italiani.
Molte sono state le domande nate nella mente dei presenti in sala; a farsi portavoce di questi interrogativi è stato Andrea Camurani che ha posto ai giornalisti diverse questioni e dubbi, soddisfando, così, la curiosità di tutti i presenti.
Una delle prime domande è stata se i documenti potessero ritenersi a tutti gli effetti ufficiali, sapendo che a quel tempo c’era una forte censura. Maranesi alla domanda risponde che durante la guerra è stato redatto una sorta di diario ufficiale nel quale è stato scritto tutto quello che hanno fatto le varie brigate dell’esercito tutti i giorni. Questo diario è stato comparato con le testimonianze e il materiale autobiografico ( quest’ultimo aveva un margine di approssimazione poichè i soldati non avevano condizioni favorevoli per scrivere) e ne è risultata una visione drammatica. Infatti se il diario ufficiale parlava di gesta eroiche e di coraggio , i diari dei soldati raccontavano la realtà opposta, ovvero la realtà di un’esperienza drammatica .
Il discorso generale si è poi concentrato in particolare sull’autocensura. Al riguardo Maranesi afferma che, senza dubbio, vi è stata un’autocensura dovuta alla paura, senza la quale i documenti sarebbero stati ancora più eloquenti. Tuttavia si può affermare che la maggiorparte delle lettere era scritta in maniera sincera e trasparente .
Un’altra domanda che Camurani rivolge ai giornalisti riguarda la struttura del database, in particolare come si sono selezionate le fonti e come sono state raggruppate.
A questa domanda prende la parola Pier Vittorio Buffa, spiegando che il criteri e i temi in cui sono state raggruppate le fonti sono principalmente arbritari e sono stati scelti tenendo conto delle tematiche su cui i soldati insistevano maggiormente. I temi sono tantissimi, alcuni di questi sono: aeroplani, amicizia tra nemici, amore, animali, autolesionismo, bombardamenti, cibo, civili, diserzioni, fame, famiglia, fortuna e sfortuna, freddo, fuoco amico, gas, malattie, natale, nemici, orrori, pidocchi, prigionia, religione, ritirata.
Oltre ai temi, un raggruppamento importante è stato effettuato a seconda dei luoghi: è stata creata una mappa interattiva in cui vengono evidenziati dei luoghi particolari. Ogni luogo, infatti, è collegato a degli eventi e a delle testimonianze.
Per visualizzare la mappa cliccare QUI .
Per finire si è parlato dell’importanza dei familiari dei soldati: le donazioni di testimonianze da parte dei familiari sono state una parte centrale per la realizzazione dell’archivio.
Alla domanda di Camurani “Che cosa spinge le persone a donare?” Maranesi risponde: “Scatta qualcosa nelle persone a diverse età, qualcosa che poi spinge a voler conservare la memoria di sè stessi, dei propri cari, dei propri congiunti.[…] La gran parte delle persone che porta un diario a Santo Stefano lo fa per la comunità. La persona si rende conto di avere un diario che racconta una storia di vita, di avere un piccolo tesoro che può contribuire a raccontare un pezzo di storia.”
Sono poi stati intervistati una signora ed un signore che hanno ritrovato diari e lettere di parenti che hanno combattuto al fronte.
La signora, nella foto di fianco, è la figlia di Giuseppe Trentini e ha raccontato come lei, quando ha trovato il diario del padre, abbia cercato più volte di trascriverlo senza mai riuscirci a causa dell’impatto emotivo. Ora il diario è stato trascritto ed è diventato un libro.
Il signore Pacetti racconta invece della scoperta di alcune testimonianze e della decisione di valorizzarle e renderle patrimonio comune donandole all’archivio di Pieve.
Il video dell’intervista QUI
L’intero video della conferenza si può vedere QUI