La Varese che non ti aspetti è co-protagonista di questo racconto spionistico scritto di getto con il piglio del romanziere ottocentesco, quello per intenderci alla Victor Hugo, che nel bel mezzo de I Miserabili ci piazzava un trattato sulla battaglia di Waterloo.
Anche Massimo Bergamasco ha il gusto e la passione per l’aneddotica e in questa opera prima appena uscita in libreria – Il profilo di zero, Pietro Macchione editore 2015, pagg.317 – riversa tutto il suo sapere di dirigente d’azienda con la passione per le moto e la maratona, ma che per lavoro viaggia spesso e dappertutto spostandosi in aereo.
E, come ci ha raccontato in una presentazione pubblica del libro tenutasi nell’ottobre scorso a Villa Recalcati, è qui che nascono personaggi e vicende usciti di getto con ritmo narrativo che parte lento ma diventa presto compulsivo e coinvolgente.
Varese e la sua provincia, si diceva, appare presto come sfondo di scorci paesaggistici suggestivi (il molo di Caldé su tutti, un porticciolo sul Lago Maggiore rievocato in una struggente pennellata che vale una confessione d’amore), ma anche come location del finale appassionante di una storia che ti prende al laccio: chi mai avrebbe pensato che quell’albergo abbandonato che spicca dal Campo dei Fiori, su cui spesso il varesino getta un occhio distratto ed abitudinario da decenni – l’Hotel Sommaruga che con il suo stile liberty ha avuto i suoi fasti nella prima metà del Novecento – potesse essere il credibile teatro di un G8 immaginario ?
Eppure Bergamasco è un vero equilibrista della parola, che stende il filo del discorso sul baratro di un genere letterario che potrebbe spesso portarti ad utilizzare dei luoghi comuni ma che invece lui declina in modo mai banale.
Occorre aggiungere, alla luce dell’ultima escalation terroristica di Parigi, che certi scenari internazionali costruiti dallo scrittore hanno quasi il dono della preveggenza, a riprova di un’autentica vena creativa, supportata da una conoscenza non comune dei meccanismi del potere economico e delle logiche comportamentali di chi lo detiene ed è disposto a qualsiasi mezzo illegale pur di rafforzarlo.
Da lettore conquistato alla causa del noir in anni eroici – gli anni Sessanta e Settanta, quelli che portavano alla ribalta cinematografica spie e poliziotti più o meno segnati dalla vita e maledetti, come l’Harry Palmer di Michael Caine in Ipcress, il Marlowe di Robert Mitchum o di Elliott Gould e l’ex poliziotto Jack Nicholson in Chinatown di Polanski – un solo appunto non pienamente positivo: le donne in questo libro non hanno quella profondità psicologica dei loro “colleghi” maschi e si limitano ad apparire un po’ troppo decorative. Sullo stile di Ursula Andress in Agente 007 – Licenza di uccidere, per intenderci: un bel vedere o poco più.
Ma sicuramente Massimo Bergamasco ha ancora frecce al suo arco, e allora “arrivederci alla prossima puntata”.