Il lavoro e la bici

Con una lettera indirizzata al Presidente del Consiglio Mario Monti, al Ministro Elsa Fornero e ai Presidenti di Camera e Senato i ciclisti italiani chiedono a gran voce nuove tutele per chi si muove in bicicletta.
A distanza di cinque anni dalla proposta di legge sull’infortunio in itinere, la FIAB (Federazione Italiana Amici della Bicicletta) riprova a chiedere al Governo e al Parlamento in carica, la piena tutela dei lavoratori che si recano al lavoro in bicicletta.
Lo fa assieme a due illustri compagni di strada: ECF,la Federazione Europea dei ciclisti, e il movimento #salvaiciclisti nato quest’inverno e cresciuto nel corso dei mesi fino a portare a Roma il 28 aprile scorso 50.000 ciclisti.

Alla richiesta si associano anche le associazioni locali di ciclisti urbani, come la varesina Fiab-Ciclocittà.

“Abbiamo molto apprezzato la nota con cui Lei il 14 maggio scorso ha dato sostegno alle istanze della campagna #salvaiciclisti – si legge nella lettera – sottolineando i vantaggi economici derivanti dall’uso della bicicletta in ambito urbano e definendo la bicicletta come ’mezzo di trasporto ‘intelligente’, sia dal punto di vista dell’impatto ambientale, sia a livello economico, dato che riduce sensibilmente i costi legati alla mobilità urbana, sia, aspetto non meno rilevante, per la salute degli individui. Infatti, in questo periodo di crisi economica, per ridurre i costi derivanti dalla mobilità, molte persone fanno sempre più ricorso all’uso della bici, anche per andare al lavoro. Purtroppo nel nostro Paese coloro che decidono di utilizzare la bici per recarsi al lavoro, si trovano a confrontarsi con una legislazione che, non solo non incentiva, ma addirittura penalizza chi utilizza questo mezzo di trasporto.”

Per la legge italiana la copertura assicurativa per i percorsi casa-lavoro non comprende infatti l’uso del mezzo privato, a meno che non ‘sia necessitato’ (es: inesistenza di mezzi pubblici che colleghino l’abitazione del lavoratore al luogo di lavoro; distanza minima del percorso tale da poter essere percorsa a piedi). La legge non distingue però tra moto, auto o bicicletta e questo per i promotori rappresenta un danno arrecato alla mobilità sostenibile delle città.

La FIAB chiede perciò di equiparare, dal punto di vista assicurativo, gli spostamenti in bici a quelli fatti a piedi o con il mezzo pubblico, per incentivare così l’uso delle due ruote. Un maggior uso delle biciclette determinerebbe un risparmio, anche dal punto di vista assicurativo, perché “chi usa la bici è infinitamente meno pericoloso di chi usa l’auto e si ridurrebbe proporzionalmente il numero e la gravità degli incidenti che accadono nelle nostre strade. Inoltre, chi pratica un normale esercizio fisico quotidiano, è generalmente più in salute e perde meno giornate lavorative rispetto a chi si muove sempre in auto. 

“La campagna è frutto di una collaborazione tra FIAB, ECF e il movimento #salvaiclisti – spiega Beppe Ferrari, presidente dell’associazione varesina Ciclocittà – ma è a disposizione tutti coloro che la condividono e che lavorano in favore di un maggior uso della bicicletta. Auspichiamo che la campagna sarà appoggiata dai cittadini, dalle associazioni, dagli amministratori e dai consiglieri comunali, dai professionisti e tutti coloro che hanno a cuore la vivibilità e la sicurezza delle città”. 

Il baricentro della campagna è il sito www.bici-initinere.info da cui ognuno può inviare a proprio nome la lettera a Monti, Fornero, Fini e Schifani con pochi semplici click.
Il sito contiene tutti i materiali a disposizione dei cittadini che intendono chiedere ai loro comuni di condividere la richiesta.