Studenti in piazza, università occupate e opinione pubblica focalizzata sul tema dell’istruzione: in Cile questi mesi sono caldissimi perché la protesta degli studenti ha invaso strade, giornali e tv. Non è la prima volta che il paese, all’estremo Sud dell’America Latina, protesta contro l’educazione universitaria classista, privata e elitarista. Ma questa volta a guidare la protesta c’è Camila Vallejo Dowling. 23 anni, viso d’angelo, occhi blu e un piercing al naso: è lei la pasionaria studentessa di geografia che fa tremare il presidente Sebastìan Pinera, leader del Cile che l’anno scorso sfiorava il 70% di preferenze dopo l’expoit del salvataggio dei minatori intrappolati sotto terra. In seguito alle proteste degli studenti, l’opinione pubblica condanna il presidente e il suo indice di gradimento crolla, registrando solo il 35% di preferenze accordate. Ma chi è e cosa denuncia la determinata Camila? Fino a poco tempo fa, una studentessa come tante altre. Studia alla facoltà di Geografia presso un’università pubblica ma da sempre è appassionata di politica; passione che l’ha fatta diventare presidente del Fech (la Federazione degli studenti dell’università del Cile, ndr) mettendo fuori gioco anche Giorgio Jackson, famoso leader dei movimenti studenteschi che però le ha riconosciuto una marcia in più. Determinata e impavida ha una formazione politica ben definita; figlia di comunisti, Camila vive con i genitori nel quartiere modesto di La Florida, a Santiago. Qualche anno fa è entrata nella Gioventù Comunista e ancora oggi si considera soltanto l’espressione di una protesta (non politica ma in virtù di un giusto diritto qual é l’istruzione, ndr) che era comunque già pronta a esplodere. Formazione politica chiara e denuncia chiarissima: il suo obiettivo è un’educazione più equa e per questo sono scese in piazza con lei negli ultimi quattro mesi e per ben tre volte più di duecentomila persone tra cui anche i genitori degli studenti e molti professori. Dati alla mano, Camila e compagni hanno tutte le ragioni per protestare. Se in Italia il già traballante sistema universitario è stato messo ko dalla criticata riforma Gelmini e in America le rette dei college sono stellari, in Cile la situazione è ancora peggiore. Nello stato della Terra del fuoco anche le università statali sono a pagamento, le rette tra le più care dei paesi dell’OCSE ( con picchi di mille euro mensili) costringono le famiglie a sottoscrivere mutui a interessi elevati per permettere ai figli di studiare ( si stima che il 78,2% degli studenti debbano indebitarsi per pagare le rette degli istituti universitari privati, che arrivano al doppio dello stipendio di un operaio, ndr). Sono pochi quindi i giovani che possono accedere alle università e questa situazione che privilegia solo i ricchi e non la meritocrazia si radica nel governo del dittatore Pinochet, fautore del Golpe che ha ridotto il paese a dittatura per molti anni. Anche ora lo Stato non fa nulla per migliorare la condizione dell’istruzione pubblica e non mette un freno al proliferare dei costosi istituti privati. Il Governo investe solo lo 0,84 % del Pil nell’istruzione mentre nel ’73, prima del Golpe, l’esecutivo destinava all’educazione scolastica quasi il 7% del Pil totale mentre ad oggi l’1,5% finisce nelle casse del Ministero della Difesa per finanziare missioni militari. In crisi nera anche gli atenei privati che propongono un’educazione classista e sono fondati a scopo di lucro nonostante la legge lo vieti. Il Governo per placare le proteste ha varato un progetto di legge che fornirebbe più finanziamenti alla scuola, ma Camila e compagni non ci stanno: non vogliono soldi ma una riforma strutturale e radicale del sistema scolastico’. L’esecutivo annaspa ma le proteste non si fermano e conquistano l’81% della popolazione. Anche perché dei tradizionali cortei di opposizione non hanno nulla: creatività condita all’ironia muovono i manifestanti che guidati dalla loro leader hanno ballato sulle note di Thriller ( il successo pop di Michael Jackson, ndr) davanti al Palazzo della Moneda. A favore di Camila gioca anche il suo appeal che unito alla dialettica fluida e all’intelligenza fanno arrivare i suoi messaggi al cuore della gente. Per alcuni bellezza fa rima con ignoranza ma sembra non essere il suo caso:«Non ho scelto io il mio aspetto fisico, mentre ho scelto le ragioni della mia protesta», ha dichiarato alla televisione. Pacata, grintosa e mai sopra le righe punta tutto sul confronto tra la situazione economica del Cile (gli indicatori economici segnalano la situazione più favorevole nella storia recente del paese) e la situazione dell’istruzione che merita di essere rifinanziata ad esempio con una tassa progressiva sull’estrazione del rame, fonte principale di ricchezza del paese. La leader per ora ha tempo solo per la politica: niente fidanzati all’orizzonte ma tanti impegni a favore della causa che si dice pronta a non abbandonare finché: «Non riceveremo la garanzia di impegni concreti, non inviti a dialoghi tra i sordi». Sembra decisa a restare con i piedi per terra ma se il suo movimento dovesse ottenere risposte concrete magari punterà più in alto. Di sicuro ha avuto e sta avendo il pregio di scuotere l’opinione pubblica locale e mondiale sulle pessime condizioni dell’istruzione nel suo paese e visti i recenti eventi degli indignados spagnoli e della Primavera araba, l’impresa potrebbe essere coronata dal successo.
Erica Besoli