E’ uscito il nuovo libro di Brunetto Salvarani ” La fragilità di Dio”. Di fronte ad un evento imprevedibile, come una catastrofe, si sperimenta un nuovo ethos, inteso nel senso alto del termine. In determinate circostanze occorre ripensarsi come genere umano nella fragilità, non solo teologica, e riprendere a riflettere su stili di vita e su modelli di sviluppo più lungimiranti ed equilibrati rispetto alle scelte contabili e “criminali” dei banchieri che governano il nostro Paese, dei padroni della guerra, e dei mercati finanziari che detengono il monopolio delle risorse del Pianeta. La catastrofe naturale fa riemergere un senso di solidarietà rinnovata, nella nostra fragilità implicita e creaturale: un’onda limacciosa lambisce tutta l’umanità e la storia biblica. Una lunga vicenda di debolezze, miserie, fallimenti, tradimenti, che saranno la trama costante della storia umana; dove l’assenza e il dolore sono luoghi germinativi; dove la speranza riposa nell’essenza della mancata presenza, dell’assenza divina, nella percezione di un “Dio fragile” che si affida agli uomini, nell’evidenza embrionale della fragilità umana. Strana congiunzione, ossimoro dissacrante, nel risveglio del “sonno delle teologie”, in un attributo sconcertante persino contraddittorio rispetto all’immagine dell’onnipotenza e dell’ineffabilità del divino. Un Dio, quello del terremoto, in costante relazione, perché tesse i legami del bisogno e della necessità. Sperimenta la dipendenza. Deve fare i conti con l’altro, nell’amore creativo. Un Dio che soffre nel cuore dell’uomo, come promessa, mendicante di ascolto. Un Dio in contrasto con la vulgata occidentale del divino, associato per secoli a concetti grevi e totalizzanti di onnipotenza, onniscienza e ineffabilità. Il Dio del terremoto si lascia attraversare dal dubbio, scongiurando il pericolo esiziale del baratro dell’idolatria e della schiavitù conformistica, consumista e capitalista imposta dagli integralismi e imperialismi politici di turno. Un Dio che si fa prossimo, per sanare l’infranto, per “ricomporre l’infranto”, nel volto umano del dramma che ci fa sentire minuscoli, precari, ma anche incredibilmente unici e irripetibili. “La fragilità di Dio” comunica e infonde forza. La “forza della fragilità” che non confida nell’arroganza, nella sicurezza e nella protervia di chi non sbaglia mai, di chi non si lascia attraversare dal dubbio e dall’incertezza. Questo libro aiuta a riflettere sul senso della fragilità, perché quella che stiamo vivendo è un’epoca di profonda crisi, non solo economica. “Crisi” significa sottoporsi al giudizio, al processo, alla precarietà, all’indignazione quotidiana per le disuguaglianze, per le ingiustizie, nell’invito alla valorizzazione delle fragilità proprie e altrui, come valori inestimabili e non come menomazioni. Questo libro trasmette i valori dell’accoglienza della fragilità da cui scaturiscono sensibilità, leggerezza, semplicità, stupore, tenerezza, qualità sempre più rare e che vanno recuperate nei frangenti non solo drammatici, ma anche quotidiani, per rendere più vivibile l’umana esistenza, e anche quella di chi ci sta accanto, oltre l’imperativo assoluto della competizione ad oltranza, dell’efficientismo sfrenato e del primato dell’economico, del fittizio, dell’apparente. Fragilità è cercare relazioni e rapporti che creino pace, scambio, dialogo, confronto, non solo umani, ma di contenuto solidale, dove non siano la potenza, la certezza, l’efficienza, ma appunto il fragile, il debole, il vinto, l’ultimo, nella mancanza, nello scarto, nel dubbio, nello scacco a permettere al teologico di rivelarsi umano.